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"L'ultimo decennio jugoslavo ha avuto le sue stelle e le sue icone culturali. Per la letteratura c'era Danilo Kis e per il teatro Rade Serbedzija". Parola di Miljenko Jergovic. Tuttavia Serbedzija non è stato soltanto un indimenticabile Amleto e un intenso Re Lear, un geniale interprete di Brecht e Ibsen, né si è limitato a prestare il suo volto e il suo sguardo ipnotico ai più importanti registi jugoslavi prima di approdare a Hollywood. Talento poliedrico, artista istrionico e ribelle, Serbedzija ha attraversato gli anni cruciali della Jugoslavia da protagonista, sempre sopra le righe: dalla Primavera croata alle irriverenti esibizioni davanti ai gerarchi di Partito; dagli incontri con Krleza, suo padre spirituale, ai vecchi amici travolti dalla deriva nazionalistica; dall'urlo disperato della Sarajevo assediata alla sofferta fuga all'estero e al ritorno da "traditore". E la sua vicenda artistica e umana si è a tal punto intrecciata alla storia di un Paese che non esiste più, da trasformarsi nella biografia di un'intera nazione, schiacciata dalle sue stesse utopie. Forse per questo il grande attore riesce a raccontarci con vivezza - e senza mai ripararsi dietro una maschera di cinismo - che cosa significhi essere rimasti orfani del proprio Paese, della propria storia personale, sentirsi estranei e soli ovunque, anche "a casa". E che cosa significhi il coraggio di una vita da autentico mattatore, sempre alla rincorsa, voluttuosa fino all'ultimo respiro. Prefazione di Miljenko Jergovic.